Lavoro, formazione, studi. Italia record negativo di giovani inoperosi

di redazione 17/07/2017 ECONOMIA E WELFARE
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Un Paese dove il numero di lavoratori autonomi è fra i più alti d'Europa (più del 22,6%), i giovani fra 15 e 24 anni che non hanno e non cercano lavoro (i cosiddetti NEET) toccano il record Ue del 19,9% (la media europea è 11,5%), la differenza fra uomini e donne che lavorano è al 20,1%, e il numero di persone che vivono in condizioni di povertà estrema (11,9%) è aumentato fra 2015 e 2016, unico caso in Ue con Estonia e Romania. È la fotografia dell'Italia offerta dall'indagine 2017 sull'occupazione e sugli sviluppi sociali in Europa (Esde) pubblicata dalla Commissione.

 Il report evidenzia non solo le difficoltà che i giovani incontrano nell'affacciarsi al mondo del lavoro, ma anche tutte le conseguenze che questo comporta. Nel 2016, la disoccupazione fra i 15 e i 24 anni è stata al 37,8%, in calo rispetto al 40,3% del 2015, ma comunque la terza in Europa dopo Grecia (47,3%) e Spagna (44,4%). Chi riesce a trovare un lavoro, invece, in più del 15% dei casi ha contratti atipici (fra i 25 e i 39 anni, nel Regno Unito è meno del 5%, dati 2014), è "considerevolmente più a rischio precarietà", e se ha meno di 30 anni guadagna in media meno del 60% di un lavoratore ultrasessantenne. Ne consegue che i giovani italiani escono dal nido familiare e fanno figli fra i 31 e i 32 anni, più tardi rispetto a una decina di anni fa e molto dopo la media Ue, che si arresta intorno ai 26 anni.

Chi riesce a trovare un lavoro, invece, in più del 15% dei casi ha contratti atipici (fra i 25 e i 39 anni, nel Regno Unito è meno del 5%, dati 2014), è "considerevolmente più a rischio precarietà", e se ha meno di 30 anni guadagna in media meno del 60% di un lavoratore ultrasessantenne. Ne consegue che i giovani italiani escono dal nido familiare e fanno figli fra i 31 e i 32 anni, più tardi rispetto a una decina di anni fa e molto dopo la media Ue, che si arresta intorno ai 26 anni.

Allargando il campo all'intera Unione europea il rapporto evidenzia come con più di 234 milioni di lavoratori, e 10 milioni di posti netti creati dal 2013, il tasso di occupazione non sia mai stato così elevato come oggi nell'Ue e la disoccupazione sia al livello più basso dal dicembre 2008.

Allo stesso tempo però i giovani hanno sempre più difficoltà nell'entrare nel mercato del lavoro e, quando ci riescono, si trovano spesso in forme di occupazione atipiche e precarie come i contratti temporanei, che possono comportare una minore copertura previdenziale.

Di conseguenza, le nuove generazioni percepiranno "con tutta probabilità" pensioni più basse in rapporto alla loro remunerazione. Il rapporto prevede anche un calo dello 0,3% annuo della popolazione in età lavorativa da qui al 2060. Ciò significa che in futuro una forza lavoro ridotta dovrà fare in modo di garantire il mantenimento dell'attuale tendenza alla crescita e pagare la pensione di un numero sempre maggiore di anziani.


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